BENEVENTO E LA SUA PROVINCIA

L’olivicoltura Sannita è pari al 21% del patrimonio olivicolo regionale, copre 12.000 ettari di superficie ed è praticata in oltre 18.000 aziende. E’ seconda solo alla provincia di Salerno che, com’è noto, può considerarsi una sub-regione per la vastità del territorio regionale che occupa.

L’importanza dell’olivicoltura Sannita va misurata più che con il parametro della quantità con quello della qualità. Qualità direttamente correlata alle condizioni pedoclimatiche di coltivazione. La coltivazione dell’olivo è praticata essenzialmente nella media – bassa collina, su terreni ben esposti e ben drenati. In tali ambienti lo sviluppo di parassiti che possono danneggiare la qualità dell’olio è meno frequente che nei territori di pianura caratterizzati da climi miti, favorevoli allo sviluppo di numerose patologie. L’attacco di mosca è infrequente e limitato a poche generazioni con danni che episodicamente danneggiano l’olio anche se, negli ultimi anni, questo parassita è sempre più attivo, complice il cambiamento delle stagioni divenuto una costante con cui dovremo fare i conti da subito. Gli interventi di difesa risultano ancora limitati e, talora, se fatti, risultano inutili ed intempestivi. Queste condizioni consentono di ottenere oli esenti da residui tossici tali da poterli considerare biologici con elevate qualità chimiche ed organolettiche.

Negli anni ottanta è stato avviato un programma di rinnovamento degli impianti olivicoli e degli impianti di trasformazione. In una prima fase l’attenzione si è concentrata sul restringimento dei sesti d’impianto e sul rinnovamento della base varietale con l’introduzione di cultivar estranee all’ambiente Sannita. Tale tendenza, nell’ultimo ventennio, si è ridimensionata e si è tornato a piantare varietà autoctone che concorrono a determinare la qualità degli oli sanniti conosciuti ed apprezzati in Italia e all’estero. Negli ultimi anni si sono diffuse, con alterne fortune, nuove forme di allevamento, tese a contenere la mole delle piante per rendere più agevole la raccolta, manuale o con macchine agevolatrici. All’attualità le macchine agevolatrici si sono diffuse in molte aziende, mentre quelle adatte per la raccolta integrale sono presenti solo in poche realtà aziendali. Il rinnovamento dell’olivicoltura non ha comportato, in ogni caso, un sovvertimento del settore che conserva tuttora la sua struttura portante nell’olivicoltura tradizionale, presente in vasti ed omogenei areali olivicoli diffusi, a macchia di leopardo, su tutto il territorio provinciale. Negli anni recenti sono stati impiantati qualche centinaio di ettari di oliveti superintensivi, per i quali è ancora troppo presto esprimere un giudizio di convenienza su produttività e qualità degli oli.
L’olivicoltura sannita è caratterizzata da due areali nei quali le varietà coltivate e l’impronta degli oli prodotti le caratterizza fortemente. Questi due realtà sono state, nel recente passato, oggetto di studio finalizzato alla richiesta di riconoscimento di due specifiche denominazioni di origine controllata (DOP) che furono portate a conclusione ottenendo l’autorizzazione transitoria del ministero dell’agricoltura, ma successivamente si arenarono nella palude europea senza che i promotori facessero molto per opporsi, con le dovute motivazioni, alle osservazioni ricevute dalla UE.
Le due realtà olivicole individuate allora, tuttora valide, sono le “Colline Beneventane”, che prendono inizio dal basso Fortore, circondano la città capoluogo e salgono verso le colline dell’alto Fortore e del Tammaro andando a congiungersi con aree consimili del basso Molise a nord e con l’alta Irpinia a sud.
L’altra realtà olivicola di rilievo, più importante per superficie occupata e quantità di oli prodotti, è quella Telesina Caudina.

Le Colline Beneventane si estendono su oltre quaranta comuni con caratteristiche simili per ambiente pedoclimatico e varietà coltivate.
La varietà autoctona prevalente, quasi esclusiva in certi comuni: è l’Ortice.
Questa varietà è conosciuta in tutta la Campania con diversi sinonimi (Olivona, Tessana, San Giorgio, Testicolo di Gallo, Ravece), è diffusa soprattutto in quest’area con maggior concentrazione, nelle zone di media ed alta collina dove è apprezzata per qualità e quantità di olio prodotto dalle eccellenti caratteristiche organolettiche. Olive scelte di questa varietà trovano impiego, in ambito aziendale, per uso familiare, come oliva da mensa. Olive nere di ottima qualità disidratate e deamarizzate con sale grosso e successivamente condite a piacimento e conservate per lungo tempo. L’impiego come olive da mensa meriterebbe più interesse da parte dei produttori, dei trasformatori e dei ricercatori.
Produce, in annate di carica, abbondantemente, è sensibile a tutte le più importanti avversità parassitarie quali mosca, occhio di pavone e rogna; sopporta male la siccità mentre ha una discreta resistenza alle basse temperature. E’ autoincompatibile.
La pianta, di media vigoria, cresce lentamente, raggiunge 4 – 5 metri di altezza, presenta chioma ampia, portamento assurgente, con ceppaia evidente. Le drupe sono grandi, di forma ovale allungata con apice sub conico appuntito. A maturazione presentano colorazione nero violaceo mentre la polpa è di colore bianco latteo.
L’invaiatura avviene tardivamente, inizia dall’apice ed è graduale verso il peduncolo.
La resa in olio è alta, può superare il 16 – 18% con punte di 22 – 25% se raccolte tardivamente, completamente invaiate. La qualità degli oli è inversamente proporzionale, come peraltro per qualsiasi varietà, al grado di invaiatura delle olive.

Le altre varietà autoctone di minore importanza coltivate in questa zona sono: Ogliarola, Trignarola, Marinese, Oliva di Spagna, Cersegna.
Tra queste la più diffusa è l’Ogliarola, varietà apprezzata e diffusa per la sua costante produttività, la resa in olio e le caratteristiche dell’olio trovano gradimento nella quasi totalità dei consumatori. E’ una varietà che con caratteristiche uguali o simili, conosciuta con diversi sinonimi, è presente quasi ovunque in Campania e in altre regioni meridionali. La Marinese, chiamata in loco Ravè, è abbastanza diffusa ma poco valorizzata. E’ una varietà precoce, produttiva resistente al freddo e alle principali avversità. Ha una resa bassa ma con caratteristiche degli oli eccellenti. Questa varietà ha avuto più visibilità e apprezzamenti in provincia di Avellino dove è più diffusa. E’ conosciuta con tantissimi sinonimi che confluiscono, come per molte varietà, anche molto blasonate, alla stessa “razza”.

Le varietà Leccino, Frantoio e Moraiolo sono state introdotte in Campania negli anni ’80 del secolo scorso allo scopo di migliorare e rendere più produttiva l’olivicoltura che occupava uno spazio limitato e marginale negli ordinamenti delle aziende agricole.
Come per altre specie vegetali e animali questa scelta si è rivelata poco felice e dopo qualche lustro si è tornati a studiare e proporre quello che di buono abbiamo in regione.
Quando detto è valido per tutto il territorio campano per cui non torneremo a parlare di ciò, almeno nel contesto della panoramica sull’olivicoltura regionale.

In quest’ambito territoriale sono coltivate oltre 1.200.000 piante di olivo su una superficie di circa 5.000 ha ed una produzione media di olio che supera i 28.000 ql.

La zona olivicola Telesina – Caudina interessa circa quaranta comuni che presentano diversità significative, orografiche e pedoclimatiche. La sottozona telesina interessa una vasta zona che costeggia l’asta del fiume Calore dalle porte di Benevento sino alla sua confluenza col Volturno e le fasce pedemontane che, a Sud guardano il Taburno ed a nord il Titerno. Quella Caudina comprende la sua fertile pianura circondata e protetta da una catena montuosa, bella e suggestiva, che vede il Taburno a nord ed il Partenio a sud.

Le varietà autoctone prevalenti in valle Telesina sono Ortolana, Racioppella, Femminella e Pampagliosa (presente solo a San Lupo e dintorni) e molte altre di interesse limitato a singoli comuni mentre, in valle Caudina, troviamo Curatora, Sprina o Asprinia e Caiazzana, quest’ultima varietà molto diffusa nella prov. di Caserta. Sono presenti altre varietà autoctone importanti ma la loro incidenza è, in genere, molto limitata.
Negli anni ’70 e ’80 del secolo scorso gli impianti ex novo sono stati realizzati utilizzando, come già detto, varietà di provenienza extraregionale Frantoio, Leccino, Moraiolo, Picholine, Coratina, Itrana.

L’olivicoltura, in quest’area, copre una superficie di oltre 7.000 ettari con una produzione media di olio che si attesta sui 40.000 ql.

Tra le varietà segnalate merita un posto di rilievo l’Ortolana, conosciuta anche come Melella o Bella di San Lorenzo Maggiore.
Molto diffusa nella zona collinare della valle Telesina è apprezzata per le eccellenti caratteristiche dell’olio ottenuto.
Tipico è il suo marcato sentore di mela verde.
E’ una varietà resistente alle avversità atmosferiche e alla rogna ma sensibile agli attacchi di mosca ed all’occhio di pavone. E’ autoincompatibile con produzione alternante.
La pianta ha vigoria medio-elevata e può superare anche i 6 metri di altezza. Ha portamento tendenzialmente assurgente con rami fruttiferi penduli, la chioma è espansa e folta.
I frutti sono grandi, quasi sferici, con un peso di circa 5,5 grammi, presentano colore violaceo e polpa bianca che si distacca facilmente dal nocciolo. Per tale caratteristica nella zona è apprezzata anche come oliva da mensa.
La resa in olio è intorno al 13%.

La Racioppella, diffusa in tutta l’area, è conosciuta con molti sinonimi (Cacaccella, Ansertarella, Grappetella, Spruarella, ecc.).
Il sinonimo Ansertarella deriva dal fatto che i grappoli di drupe sono distribuiti sui rami in serie; quello di Racioppella perché le olive sono sempre raggruppate a grappoli verso l’apice dei rami,

mentre quello di Spruarella dal fatto che durante la raccolta il movimento delle mani ricorda quello attuato nella mungitura degli animali.
E’ una varietà molto produttiva e costante nella produzione. In genere non alterna, ma nelle annate sfavorevoli si verifica una maturazione precoce dei pochi frutti prodotti, che cadono: tale fenomeno è indicato in loco come “fava cotta”.
La pianta è di bassa vigoria ed ha portamento tendenzialmente assurgente con numerosi rami fruttiferi penduli, ricchi di vegetazione; la ceppaia è poco evidente ma abbastanza pollonifera.
Le foglie, di forma ellittico-lanceolata, sono strette e di colore verde intenso. I frutti sono piuttosto piccoli e riuniti in grappoli, si staccano con difficoltà dai rami; la forma è ellissoidale leggermente allungata con apice arrotondato o subconico; la superficie è liscia e di colore nero a completa maturazione con polpa di colore bianco.
L’invaiatura è media, inizia per lo più all’apice ma può avvenire anche dalla base o in modo uniforme e graduale.
E’ una varietà resistente alla rogna, all’occhio di pavone ed alla mosca; è ritenuta rustica poiché resistente alle avversità atmosferiche quali siccità e basse temperature.
La resa è piuttosto bassa, oscilla mediamente intorno al 10-12%.

Sprina
Conosciuta anche come Asprinia e di origine non nota, è diffusa nei comuni della valle Caudina.
E’ una varietà resistente alle avversità atmosferiche e alla rogna ma sensibile agli attacchi di mosca ed all’occhio di pavone. E’ autoincompatibile.
La pianta ha vigoria medio elevata. Ha portamento tendenzialmente assurgente con alcuni rami fruttiferi penduli.
Le foglie, di dimensioni medio-grandi, sono di forma ellittico-lanceolata. Le drupe sono di forma sferica con un peso di circa 3 grammi.
L’invaiatura, generalmente medio-tardiva, inizia per lo più all’apice ma può avvenire anche in modo uniforme e graduale; la maturazione completa si ha nel mese di dicembre.
La resa alla oleificazione è del 18-20% e presenta una elevata attitudine produttiva in quando non alterna.

Monumentale è l’olivicoltura di molti comuni della Valle Telesina e di quella Caudina che dalla pianura sale verso le pendici del Taburno e del Titerno. Colà si può passeggiare in oliveti secolari fatti di piante lussureggianti, maestose, possenti che producono e vegetano da tanti secoli senza patire il peso degli anni sopportando le insidie che, nel corso dei secoli, hanno patito per mano dell’uomo o delle avversità ambientali. Questa zona mescola, con casuale sapiente armonia, bellezza dell’ambiente naturale, storia, cultura, archeologia, acque termali e minerali, enogastronomia, centri storici, percorsi naturalistici. Ogni turista che capita in zona, per scelta o per caso, non si annoierà di certo. Riesce a trovare sempre qualcosa che focalizza il suo interesse allontanando noia e pigrizia che sovente colgono il vacanziere in cerca di svago.

Le varietà brevemente descritte sono solo alcune delle tante coltivate nel beneventano. Quelle indicate sono quelle di maggiore interesse economico, ma ve ne sono tantissime altre poco conosciute che arricchiscono il patrimonio olivicolo rendendolo prezioso e particolare in una realtà dove, tra le specie arboree, l’importanza economica ed agricola dell’olivo viene subito dopo la vite.

ALMA