Da curiosità entomologica a parassita da monitorare con attenzione.

Con oggi avviamo una nuova rubrica che tratterà i patogeni dell’olivo. Cercheremo di far coincidere la pubblicazione degli articoli con il periodo stagionale in cui l’avversità è più probabile che si verifichi. Lo faremo nell’ottica del rispetto delle normative che regolano la materia, con un occhio particolare alle tecniche a minor impatto ambientale, coscienti come siamo che l’oliveto è assimilabile ad un ecosistema primario complesso in equilibrio biodinamico nel quale è facile fare gravi danni se non si è accorti nella scelta dei tempi, dei modi e del tipo di intervento di difesa da praticare. Questa rubrica sarà curata dal dott. Agronomo Sebastiano Cassetta che unisce la sua lunga esperienza professionale maturata sul campo alla sua attuale professione di olivicoltore apprezzato per la qualità dei suoi oli biologici.

foto 1

TIGNOLA DELL’OLIVO (Prays oleae)
La Tignola dell’olivo è un lepidottero (farfalla) diffuso in tutte le aree olivicole del bacino del mediterraneo (Foto 1 e 2). L’adulto con una apertura alare di circa 15 mm, presenta le ali frangiate con una colorazione grigio argentea. Attacca a seconda delle diverse generazioni fiori, frutticini e foglie.
La prima generazione attacca i fiori, l’infestazione è facilmente individuabile (le larve contornano i fiori con sottili fili sericei) e anche se in genere non riesce in questa fase ad arrecare un danno apprezzabile è fondamentale l’osservazione (Foto 3) dell’attacco antofago (sui fiori), per avere una stima sull’attacco successivo. È necessario eseguire il “campionamento” esaminando 100 infiorescenze, su 5-10 piante a caso. La percentuale di infestazione ottenuta, divisa per 3, consente di ottenere la stima del danno che verrà poi arrecato alle drupe dalla generazione carpofaga (a carico dei frutticini). Quindi con una infestazione di infiorescenze del 30–35% c’è da attendersi una futura infestazione delle drupe del 10–12 %.
Conclusasi la generazione a carico delle infiorescenze, gli adulti che sfarfallano portano l’attacco ai frutticini, deponendo le uova direttamente sulle olive in corrispondenza della zona di attacco del peduncolo. Dopo circa una settimana le uova schiudono e le larve penetrano nell’oliva in corrispondenza del peduncolo, la larva è molto piccola per cui la galleria che deve scavare per potersi portare all’interno della drupa non comporta il distacco dell’oliva. Il fitofago va ad insediarsi all’interno del nocciolo e si nutre del germe che si sta formando. Ovviamente l’oliva è suscettibile all’attacco finché il nocciolo è tenero. Completato lo sviluppo, la larva fuoriesce dall’oliva scavando una galleria in corrispondenza del peduncolo, in questo caso la larva è cresciuta nel senso che ha completato lo sviluppo e fuoriesce dall’oliva per andare ad impuparsi nel terreno. Questa azione genera inevitabilmente il distacco e la caduta a terra del frutto. Nei nostri ambienti di solito questa cascola si ha ad agosto.
Per verificare se le olive cadute a terra sono attaccate dalla Tignola, basta fare un piccolo taglio sul punto di attacco del peduncolo e se è presente un foro che proviene dall’interno del nocciolo ci troviamo di fronte ad una oliva caduta per effetto del danno arrecato dalla Tignola (Foto 4).
La terza generazione è a carico delle foglie. Gli adulti depongono le uova sulle foglie, al momento della schiusa le larve penetrano nelle foglie e si nutrono del parenchima fogliare lasciando intatta la cuticola sia della pagina superiore che inferiore, creando delle tipiche serpentine di colore bruno visibili in trasparenza (Foto 5). La dimensione della serpentina varia a seconda se la larva è di prima, seconda o terza generazione, va da sé che più è grande la larva in funzione del livello di sviluppo, più grande sarà la galleria scavata. La fase di attacco fillofaga, non crea problemi di sorta per cui non è necessario effettuare trattamenti antiparassitari.

DANNI
Da quanto descritto è evidente che la seconda generazione (carpofora), è l’unica che può arrecare danni di una certa rilevanza alla produzione di olive. Comunque c’è da dire che in un oliveto gestito in maniera razionale, con il rispetto delle biodiversità presenti, il fitofago viene controllato dai predatori naturali come Rincoti Antocoridi, Neurotteri Crisopidi, Ditteri Sirfidi ed altri.

LOTTA
I criteri della lotta integrata, obbligatoria ormai dal 2014 per tutti gli operatori agricoli, prevedono il monitoraggio del parassita e solo al raggiungimento della soglia d’intervento (percentuale di olive bacate nella misura ≥ 10%) si è autorizzati ad effettuare il trattamento antiparassitario. È bene utilizzare le trappole a feromoni (cartoncini plastici spalmati di colla con una capsula di feromone sintetico femminile del Prays; Figura 6).  Di per sé le trappole non possono indicarci il momento ottimale per effettuare il trattamento, ma ci consentono di seguire l’andamento del volo dei maschi della generazione carpofaga, quando le catture superano le 80 – 100 farfalline a settimana è necessario avviare il campionamento e cioè valutare settimanalmente la percentuale di infestazione attiva su campioni di 100 drupe (10 frutticini presi a caso su 10 piante).  Qualora si dovesse rilevare una percentuale di olive con infestazione ≥ 10%, si procede al trattamento.
Per l’annata agraria in corso, i prodotti utilizzabili in Regione Campania per i trattamenti contro tale fitofago sono riportati nel Disciplinare di Produzione Integrata, pubblicato con Decreto Dirigenziale della Regione Campania n. 21 del 26/02/2021. Nello specifico troviamo:
Bacillus thuringensis, (prodotto caldamente consigliato, utilizzabile anche in agricoltura biologica)
Fosmet
Spinetoram
Acetamiprid
Mi corre l’obbligo segnale che nella mia attività lavorativa ho monitorato per circa 30 anni gli oliveti che seguivano la tecnica dell’agricoltura integrata e facevano di riferimento per il comprensorio della Valle Telesina in provincia di Benevento, non ho mai rilevato il superamento della soglia di intervento, per cui non ho mai dovuto consigliare ai produttori agricoli la necessità di effettuare trattamenti contro tale fitofago.
Sebastiano Cassetta